REAZIONE O CRE-AZIONE EMOTIVA?
“Una vita di reazione è una vita di schiavitù intellettuale e spirituale. Bisogna combattere per vivere una vita di azione non di reazione”.
Rita Mae Brown, autrice di gialli.
Molto spesso, il problema fondamentale del rapportarsi agli altri è che, tendiamo a reagire tutto il giorno alle azioni e alle parole degli altri; al comportamento dei collaboratori, dei capi, dei familiari e delle persone che amiamo ma anche di quelle che incontriamo per caso o non conosciamo.
Ecco quindi che il modo in cui gli altri si pongono nei nostri confronti determina molto spesso anche l’idea che noi ci facciamo di noi stessi, quello che crediamo sia il nostro grado di realizzazione, di accettazione e di successo nella vita; di conseguenza questo determina in maniera molto decisiva il nostro stato emotivo e la nostra autostima.
Ma se ci limitiamo solo a reagire emotivamente, o detta in altri termini, se permettiamo che siano le azioni, le opinioni e le parole degli altri a determinare il nostro stato d’animo, ma anche l’idea e la percezione che noi abbiamo di noi stessi, ci condanniamo ad un’inevitabile infelicità.
Quello che ci vuole per invertire questo comportamento automatico è un lieve cambiamento, non un grande mutamento solo un cambiamento di direzione come quando si cambia delicatamente la marcia di un’automobile perfettamente messa a punto.
Le reazioni emotive, molto spesso, nel corso della vita diventano abitudini automatiche sempre più radicate nel nostro cervello. Uno dei primi passi da compiere per uscire da questo schema mentale, consiste nel porre a noi stessi questa semplice domanda che fu posta per la prima volta da Ralph Waldo Emerson molti anni fa:
“Perché la nostra felicità deve dipendere dai pensieri che frullano nella testa di qualcun altro?”
Questa domanda, indipendentemente da come rispondiamo in un dato momento ci dà la prospettiva mentale per iniziare a vedere la possibilità di relazionarsi agli altri in modo creativo invece di limitarci a reagire.