IL SOLSTIZIO D’INVERNO E IL SUO SIGNIFICATO SIMBOLICO DI RINASCITA
Il solstizio d’inverno è considerato fin dall’antichità come la “nascita della luce”.
In questo periodo, il sole vive il suo maggior declino, il giorno 21 dicembre, raggiunge il punto più basso.
Solstizio deriva dal latino “sol stat + sistere” il sole sta fermo. Gli antichi credevano che nel momento dei solstizi il sole si fermasse realmente nel suo percorso per tre giorni, per poi riprendere il cammino o rinascere – morte e rinascita – Il solstizio d’inverno, come quello estivo, sono ritenute delle porte per l’ingresso simbolico a uno stato superiore di consapevolezza.
Molti sono i racconti in cui gli uomini celebravano questo importante passaggio. Durante l’Impero Romano, proprio riferendosi al Solstizio d’Inverno, si parlava di Sol Invictus (Sole invitto) per celebrare il giorno in cui il Sole smetteva di calare sull’orizzonte e rappresentava un’occasione di festività.
Il periodo del solstizio inizia il 13 dicembre, festa della dea della luce, o Lucia, come è stata ribattezzata dalla chiesa. Questa dea della luce, nell’immaginario, aiutava ad illuminare questo periodo più freddo e buio dell’anno. Anticamente, durante il solstizio invernale, si accendevano dei grandi fuochi propiziatori; mentre per la festa di Yule, facevano ardere sul fuoco un grande ciocco di quercia, simbolo di forza, vittoria sull’oscurità, e di rinascita della luce dopo il buio.
Questa rinascita solare rappresenta il simbolo di una rigenerazione, di una ripresa, in cui il sole e la luce sono associati all’idea d’immortalità, di nascita e di rinascita spirituale. Questo è il momento in cui, quando la notte diventa padrona e il buio totale, è necessario mantenere accesa la fiamma della Fede.
LA NASCITA DEL DIO SOLE
Ed ecco che, da adesso, la natura inizia a risorgere e le giornate si allungano. Nei paesi nordici l’alba del solstizio, (immagine di rinascita) è festeggiata con fuochi e candele per rendere omaggio al ritorno della Luce, del Sole, del Padre, simboli della vita che non finisce mai.
Non tutti sanno, che, intorno alla data del 25 dicembre quasi tutti i popoli hanno sempre celebrato la nascita di alcuni dei loro esseri divini o soprannaturali: in Egitto si festeggiava la nascita del dio Horus, e il padre Osiride; nel Messico pre-colombiano nasceva il dio Quetzalcoatl e l’azteco Huitzilopochtli; Bacab nello Yucatan; ma anche il dio Bacco. Il dio Freyr, era festeggiato nello stesso periodo dalle genti del Nord; Zaratustra in Azerbaigian; Krishna, in India; Scing-Shin in Cina; in Persia, si celebrava il dio guerriero Mithra, detto il Salvatore e a Babilonia vedeva la luce il dio Tammuz, “Unico Figlio” della dea Ishtar.Non a caso il cristianesimo ha voluto fissare la data della nascita di Cristo in prossimità della festa della luce, del sole.
I festeggiamenti erano duplici: uno era la morte del Vecchio Sole e la nascita del Sole Bambino, si celebravano riti per assicurare la rigenerazione del sole e si accendevano falò per sostenerne la forza. Il Vecchio Sole muore e si trasforma nel Sole Bambino che rinasce dall’utero buio della Dea: la Grande Madre Terra che all’alba dà alla luce il Sole Dio.
Quasi tutti i miti e le leggende che riguardano i cicli legati a solstizi ed equinozi sono simili per un aspetto: i due archetipi opposti.
Questo momento simbolico segna l’inizio della risalita, facendosi archetipo di tutte le risalite verso la luce degli altri cicli che si attraversano nella vita e che troviamo in natura: vita e morte, luce e ombra, notte e giorno, estate e inverno; che combattono una lotta eterna. A rappresentare le forze opposte che si scontrano nel ciclo delle stagioni un’antica leggenda celtica racconta del Re Quercia e del Re Agrifoglio. La Quercia è il re della metà crescente dell’anno (durante la quale il giorno si allunga) e l’Agrifoglio è il re dell’altra metà.
Il periodo dal 21 al 24 dicembre è uno dei momenti di passaggio dell’anno, le ore di sole sono via via diminuite per lasciar spazio al buio della notte. E ora, finalmente si cede il posto alla luce che, lentamente, inizia a prevalere sulle scure e gelide nebbie invernali.
Come tutti i momenti di passaggio, è un periodo carico di valenze simboliche, dominato da miti provenienti da un passato lontanissimo, ed era considerato come l’inizio del nuovo anno, il “seme” della rinascita.
Questo avvenimento iniziò ad essere celebrato presso Stonehenge, in Gran Bretagna, Newgrange, Knowth e Dowth, in Irlanda e attorno alle incisioni rupestri già in epoca preistorica e durante l’età del bronzo e del ferro, 3400 a.C. al 600 a.C. circa.
Simbolo di rigenerazione e immortalità,
La pianta che rappresenta il solstizio invernale è il vischio, simbolo di rigenerazione e immortalità, pianta che i celti consideravano magica perché, pur senza radici, riusciva a vivere su un’altra specie; per i Celti il vischio era “colui che guarisce tutto; il simbolo della vita che trionfa sul torpore invernale.
C’è da dire anche che, la natura del vischio, la sua nascita dal cielo e il suo legame con i solstizi non potevano non ispirare ai cristiani il simbolo del Cristo, luce del mondo, nato in modo misterioso. “Come il vischio è ospite di un albero, così il Cristo – scrive Alfredo Catabiani nel suo “Florario” – è ospite dell’umanità, un albero che non lo generò.
Altra pianta simbolo è l’abete. Poco prima delle feste solstiziali, ci si recava nel bosco a tagliare un abete che, portato a casa, si decorava con ghirlande, noci e dolciumi. Intorno all’albero si trascorreva poi la notte allegramente. Fu scelto l’abete perché è un albero sempre verde, che porta speranza nell’animo degli uomini visto che non muore mai, neppure nel periodo più freddo e difficile dell’anno. Era anche usanza bruciarlo nella stufa, in un rito secondo cui il simile attira il simile, in modo che con il fuoco si propiziasse il ritorno del sole.
La tradizione dell’albero prese piede in Italia nel 1800, quando la regina Margherita, moglie di Umberto I, ne fece allestire uno in un salone del Quirinale, dove la famiglia reale abitava. La novità piacque moltissimo e l’usanza si diffuse tra le famiglie italiane in breve tempo.
La natura in questo tempo si riposa per prepararsi a vivere un nuovo ciclo, e anche per noi sarebbe fisicamente opportuna una pausa, approfittando magari delle vacanze di Natale per dedicarci alla lettura, alla meditazione, all’affetto delle persone che amiamo, tornando anche un po’ metaforicamente in una sorta di grembo materno per poi rinascere più forti.
Il nostro modo di vivere moderno ci ha allontanato da quelle che sono le nostre radici, radici che ci accomunano e che alimentano gli archetipi dell’inconscio collettivo, radici dalle quali non dovremmo distaccarci.
In realtà i ritmi frenetici delle tante festività di cui è costellato questo periodo allontanano dal reale senso che questo tempo porta con sé, di conseguenza, invece di essere un periodo in cui si entra dentro di sé diventa un ulteriore periodo di ansia e stress.
Il rinascere della luce è una promessa di vita e crescita che si realizzerà.
Secondo la tradizione nordica, nella notte del solstizio (Yule), il vecchio dio si allontanerà cedendo il suo posto al Sole Bambino che verrà partorito nel grembo oscuro e notturno della dea. Come non notare, ovviamente, il paragone col parto in una grotta fredda e buia del Cristo da Maria?
A livello personale il concetto di Rinascita della Luce ci chiede di compiere un salto, un avanzamento nel nostro percorso, un viaggio introspettivo verso le nostre profondità più recondite, potrà dar vita a nuova luce, a nuova vita, a nuove idee e consapevolezze di sé.
Riconoscere e percorrere anche la strada più buia (metafora della sofferenza), dà luogo alla trasformazione che, non può esistere se prima non si attraversa l’oscurità dentro noi stessi, che ci aiuti a distaccarci da ciò che è inutile, vecchio e non ci occorre più.
Questa è anche un’opportunità per sentimenti di ottimismo e di speranza: come il sole risorge, anche noi possiamo uscire dalle tenebre invernali rigenerati.
Questo è il momento in cui, quando la notte diviene padrona e il buio totale, è necessario mantenere accesa la fiamma della Fede, che al mattino, trionferà con l’alba.