GLI EFFETTI DELLA PREOCCUPAZIONE SUL CORPO E SUL CERVELLO
La preoccupazione cronica non ci sconvolge solo dal punto di vista psicologico, ma può interferire anche con la nostra salute fisica, debilitando il nostro sistema immunitario.
Il modo in cui la preoccupazione si ripercuote sul cervello è tossico, portiamo al limite tutte le nostre risorse emotive fino a sperimentare una sensazione di allarme costante. La preoccupazione cronica è una dinamica psicologica molto comune al giorno d’oggi, e viene accentuata quasi sempre dallo stress e dalle pressioni.
Dal punto di vista psicologico, si sa bene che gli effetti di un’eccessiva preoccupazione possono essere perfino più pericolosi di quello che in realtà ci preoccupa.
Si tratta di un’altra faccia dell’ansia, un sintomo che, anche se nella maggior parte dei casi non dà esiti patologici, causa comunque un grande sfinimento fisico ed emotivo a chi ne soffre quotidianamente.
Quando sfociamo in questi stati, prendiamo le peggiori decisioni e il malessere emotivo si intensifica e tutto finisce fuori controllo. Queste situazioni, debilitano in modo evidente la nostra produttività, la nostra qualità della vita e di conseguenza il nostro sistema immunitario.
Quanta più preoccupazione esercitiamo sulla nostra mente, peggio risponderanno le nostre performance. Esauriremo tutte le risorse, avremo più problemi di memoria e ci sentiremo più stanchi. La lista di effetti causati dalla preoccupazione eccessiva è lunga…
Alcuni neuroscienziati come il Dottor Joseph LeDoux dell’Università di New York affermano che l’impatto di questa dimensione è così pesante perché le persone mediamente non sanno preoccuparsi in modo sano. Abbiamo la strana tendenza a portare quasi tutto all’estremo. Eppure, lo scienziato ci segnala un altro fattore importantissimo e che allevierà un po’ il nostro senso di colpa: il nostro cervello è programmato per preoccuparci. Ovvero, il nostro sistema emotivo e, nello specifico, la nostra amigdala è la prima a riconoscere una minaccia e ad attivare in noi un’emozione.
Il Dottor LeDoux ci ricorda che nell’essere umano le emozioni hanno più potere della ragione.
Il modo in cui la preoccupazione si ripercuote sul cervello è molto importante.
La sensazione di esaurimento, la negatività, lo sconforto… In un cervello ansioso dominato da preoccupazioni costanti, chi ci controlla è l’amigdala.
Essa ci fa vedere pericoli dove non esistono. La sua iperstimolazione ha ripercussioni sulla corteccia cerebrale, la cui attività viene ridotta. Non vediamo più le cose con calma ed equilibrio, non vediamo più la realtà per quella che è… Quando gli effetti della preoccupazione sul cervello sono troppo intensi, i processi cognitivi cessano di funzionare.
Se passiamo settimane o mesi bloccati su certi pensieri, possiamo iniziare a notare alcuni dei seguenti sintomi:
Problemi di memoria.
Problemi di concentrazione.
Difficoltà a prendere decisioni.
Problemi a comprendere messaggi, testi, ecc.
In realtà, la soluzione non è smettere di preoccuparsi. La risposta è imparare a preoccuparsi meglio. In caso contrario, come afferma uno studio realizzato all’Università di Cambridge dal Dottor Ernest Paulesu, corriamo il rischio di incorrere in un disturbo d’ansia generalizzato. Per imparare a preoccuparsi meglio, bisogna ricordare i consigli dello psicologo Albert Ellis: Analizzare i propri pensieri irrazionali. Anche se può sembrare assurdo, l’80% delle nostre preoccupazioni sono eccessive e non hanno una base logica. Parlare delle proprie emozioni, dare esse un nome, sfogarsi, esprimersi. È possibile che vi stiate preoccupando troppo del vostro lavoro perché, in realtà, vi sentite insoddisfatti, perché non siete felici. Approfondite questi aspetti.
Non prendere decisioni basate solo sul proprio stato d’animo. Prima di decidere e di agire, applicate la calma e fate passare ogni pensiero attraverso il filtro della razionalità. Le emozioni sono importanti, ma se vanno di pari passo con un ragionamento cauto e logico, otterrete risultati sempre migliori. Dobbiamo imparare ad evitare di cadere in quelle spirali di sofferenza e utilizzare atteggiamenti più salutari e razionali. Se non ci riusciamo, non dobbiamo esitare a contattare un terapeuta professionista.